di Giuseppe Casagrande
Coltivato da tempo immemorabile nei vigneti centenari della Valle dell'Adige, nel cuore della Terra dei Forti, al confine tra le province di Trento e Verona (Ala, Avio, Dolcè) lo storico vitigno è tornato in auge grazie all'appassionato lavoro di ricerca e miglioramento genetico. E le bottiglie vanno a ruba.
Quattrocento anni di storia e di passione per il vino, nel vigneto e in cantina. Ecco il biglietto di presentazione dell'Azienda agricola Armani. La data da cui prendere le mosse è il 7 dicembre del 1607 come attestano alcuni documenti notarili dell'epoca che parlano della famiglia Armani storici viticoltori nella Valle dell’Adige. Oggi, rifacendosi alle origini millenarie di un luogo e dei suoi vini, quella storia trova nuovo slancio nella ricerca sugli antichi vitigni autoctoni che Albino Armani sta portando avanti con entusiasmo sotto il segno del rispetto del territorio e delle persone che lo vivono. "Crediamo che la ricerca sia il processo necessario per salvaguardare questi luoghi e per tramandare ai posteri questo prezioso patrimonio" sostiene Albino Armani. E aggiunge: "Oggi lavoriamo immaginando un futuro più sostenibile, dove la qualità del prodotto sia la conseguenza naturale di saperi antichi, il tutto coniugato con la responsabilità. Perché la tradizione, da sola, non basta". Parole sante che ben si conciliano con il progetto che dagli anni Ottanta del secolo scorso vede Albino Armani impegnato nella riscoperta e valorizzazione di un vitigno (Foja Tonda o Casetta) dal cuore antico coltivato nella Valle dell'Adige tra le province di Trento e Verona, nel cuore della Terra dei Forti, là dove ancor oggi troviamo i cippi che segnavano il confine tra l'Impero Asburgico e la Serenissima Repubblica di Venezia: l'Aquila bicipite da un lato e il Leone di San Marco dall'altro.
Questa varietà un tempo era conosciuta con il nome di uva "Maranela", probabilmente dal nome di una famiglia di Marani di Ala che l'avrebbe trovata a ridosso di una valletta diventata famosa per il santuario di San Valentino. In loco (ecco l'importanza storica del genius loci) questo antico vitigno era denominato "Foja Tonda" per distinguerlo da un altro vitigno autoctono diffuso in valle, l'Enantio o "Foja Zicolada". Entrambe le varietà erano anche chiamate "Ambrusche" (vi dice qualcosa il Lambrusco?), termine che identifica le piante selvatiche (la vitis vinifera silvestris) originarie delle morene glaciali, nate da incroci spontanei. Progressivamente abbandonata in favore di varietà più produttive, la "Foja Tonda" probabilmente sarebbe stata condannata all'estinzione se due appassionati produttori della zona, Albino Armani e Tiziano Tomasi, non avessero intrapreso, in collaborazione con la Fondazione Edmund Mach e l'Istituto Agrario di San Michele all'Adige, un lavoro di ricerca, recupero e selezione clonale di questo antico vitigno, figlio di un patrimonio storico di inestimabile valore. Dopo questo studio nei vigneti centenari di Ala, Avio e Dolcè sono state individuate le gemme da salvare. Nel 2007 sono stati raccolti 193 biotipi di Foja Tonda e ne sono stati selezionati 67. Negli anni successivi quelli esenti da virus sono stati messi a dimora nei vigneti sperimentali di San Michele all'Adige e Dolcè.
Nel contempo il progetto ha consentito di recuperare e riportare alla luce molti altri vitigni autoctoni coltivati ai tempi dell'Impero, interpreti fedeli della biodiversità storica del Trentino: il Lagarino Bianco, la Pavana, la Turca, la Paolina, la Peverella, la Verdealbara, la Negrara, la Rossara, la Franconia, il Groppello di Revò, il San Lorenzo, la Portoghese, la mitica Nera dei Baisi, solo per citarne alcuni. Antiche varietà che Gianpaolo Girardi, l'Indiana Jones della viticoltura trentina, ha poi valorizzato con il marchio "Vini dell'Angelo" incoraggiando una ventina di cantine ad aderire al progetto. Albino Armani, impegnato nel miglioramento genetico di questa antica varietà, è stato uno dei primi a crederci al punto che il suo "Foja Tonda" oggi è considerato il vitigno simbolo dell'azienda e fa parte della “Conservatoria”, una collezione di vecchie varietà autoctone custodite gelosamente a testimonianza della passione che lega gli Armani al territorio della Valdadige. Attualmente il vigneto, ubicato a fianco della cantina di Dolcè, racconta la storia di tredici "vitigni reliquia" che storicamente appartenevano al patrimonio ampelografico della Vallagarina e della Vallata dell'Adige.
Nei giorni scorsi proprio il "Foja Tonda" è stato protagonista nel salotto della cantina Armani di una "verticale" di diverse annate, una degustazione quanto mai stimolante al termine della quale ho avuto la conferma che le impressioni che avevo formulato molti anni fa su questo vitigno non erano peregrine. Il "Foja Tonda" si conferma vieppiù un vino di grande potenza espressiva e di spiccata personalità. Un vino che rispecchia fedelmente il territorio da cui proviene, che incanta e incuriosisce per le sue origini ancestrali e selvatiche, per le piacevoli note di prugna secca, marasca, cannella e tabacco con sentori pronunciati di sottobosco e muschio. Sensazioni che evidenziano nel bicchiere l’"elegante rusticità" di questo vino ancestrale come ebbe modo di sottolineare Luigi Vedronelli 30 anni fa durante un suo viaggio in Valdadige. La notevole struttura e gli anni di affinamento in bottiglia consentono al "Foja Tonda" di non temere il tempo, anzi ne esaltano la complessità e il fascino. Ecco quanto ho riportato nelle mie note di degustazione. Annata 2017: colore brillante, tannini pronunciati, ma già eleganti, buona acidità e freschezza. Annata 2014: colore intenso con approccio iniziale problematico, ma che poi ritrova in bocca morbideza ed eleganza. Annata 2010: colore carico, profumi eterei, naso elegantissimo, un balsamo in bocca con un finale esplosivo di tabacco e spezie. Chapeau.
Annata 2003: colore nero intenso che rasenta le tenebre, profumi muschiati, integro in bocca anche se nel finale ci ricorda l'età che avanza implacabile, ma non per questo lo rende meno intrigante. Io l'ho definito il "bel tenebroso", definizione che a parer mio si attaglia alla perfezione all'autore di questi vini reliquia: Albino Armani. In chiusura direttamente dalla vasca un assaggio dell'annata 2021 con il mosto ancora in fermentazione otto giorni dopo la vendemmia. L'impressione? Prevedo un futuro luminoso per questa annata. Una grande, anzi grandissima annata. Ne sentiremo parlare a lungo. Per ora in alto i calici. Prosit.
Azienda Agricola Armani
Località Ceradello 401, Dolcè (VR)
Tel. +39 045 729 0033
info@albinoarmani.com