di Giuseppe Casagrande
In questi giorni è al centro di una accesa disputa per il riconoscimento del marchio di tutela Igp (Indicazione Geografica Protetta). I primi documenti storici risalgono al Quattrocento. La consacrazione nel Settecento per merito della famiglia Benini di Cologna di Tenno. Rigoroso il disciplinare di produzione.
La "carne salada", piatto tipico dell'Alto Garda trentino in questi giorni è al centro di un'accusa disputa per il riconoscimento europeo del marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta). Il motivo del contendere ruota attorno alla richiesta presentata dal Consorzio dei produttori trentini di salumi, con l'avvallo della Provincia Autonoma di Trento, di certificare attraverso la tutela europea la tipicità della carne salada trentina anche per respingere eventuali pretese da parte di alcune regioni limitrofe dell'arco alpino, in particolare Lombardia, Piemonte, Veneto e Friuli Venezia Giulia. La pubblicazione del disciplinare di produzione da parte del ministero delle Politiche Agricole ha scatenato in particolare la rivolta dei produttori e dei ristoratori dell'Alto Garda e Ledro, nonchè le rimostranze dell'Azienda per il turismo del Garda trentino e di numerose Pro Loco. Problemi di campanile, ma non solo.
Il disciplinare di produzione: la carne, la concia, la marinatura
L'area di produzione della carne salada trentina occupa tutto il territorio compreso entro i confini amministrativi della Provincia Autonoma di Trento con esclusione dei comuni di Primiero, San Martino di Castrozza, Imer, Canal San Bovo, Mezzano, Sagron Mis, Castello Tesino, Cinte Tesino e Pieve Tesino. Il disciplinare di produzione specifica, inoltre, che per la concia e la successiva marinatrura della carne salada si dovrà utilizzare un unico fascio muscolare di carne, mentre al taglio l'aspetto dovrà essere di un colore rosso rubino uniforme che eventualmente potrà virare verso la tonalità rosso scura in corrispondenza della superficie esterna. Per quanto riguarda il profumo, non dovrà essere invadente, ma delicato e leggermente aromatico.
"Papageno": carne salada, tradizione antica
Giuseppe Casagrande (Papageno, numero 22, estate 2008)
"Ci sono piatti raffinati che non suscitano alcuna emozione, cosiccome esistono donne bellissime che non ispirano la benchè minima attenzione". Lo diceva Ennio Flaiano, uno che di gastronomia (e di belle donne) se ne intendeva. Parole sante. Che c'è di meglio, infatti, di un piatto ruspante e genuino? La cucina trentina, dopo gli anni del boom turistico con relativo appiattimento dell'offerta gastronomica sta riscoprendo in questi ultimi tempi la sua vera identità con la valorizzazione di alcuni piatti della tradizione contadina che rischiavano di scomparire. Pensiamo al "tonco de pontesel", allo "smacafam", al "tortel de patate", agli "strangolapreti", ai "fasoi en bronzon", alla "carne salada". Piatti poveri se volete, ma che non hanno nulla da invidiare alle proposte auliche di certe cucine blasonate.
Era apprezzata fin dai tempi del Concilio di Trento
Papageno in questo numero accende i riflettori sulla "carne salada" trentina, un vecchio piatto apprezzato fin dai tempi del Concilio Tridentino, il summit politico-religioso che per 18 anni (dal 1545 al 1563) fece di Trento una sorta di "caput mundi". Una data precisa, il 1515, ne attesta la presenza in quell'angolo di Trentino baciato dalla brezza del Garda. La "carne salada" è infatti annoverata tra i beni di Castel Tenno in un inventario del vicario Antonio Beriano a favore del principe vescovo Bernardo Clesio. Ma già nel Quattrocento viene citata in un manoscritto dal titolo " Libro de cosina composto et ordinato per lo hegregio homo Martino de Rubei de la Valle de Bregna, coquo dell'illustre Signore Johanne Jacobo Trivulzio”.
La consacrazione nel Settecento grazie alla famiglia Benini
La consacrazione vera e propria di questa pietanza risale, invece, al Settecento per merito della famiglia Benini di Cologna di Tenno (una delle poche famiglie dell'antico borgo che si erano salvate dalla peste), famiglia che codificò il metodo ancor oggi utilizzato per marinare la "carne salada" al fine di prolungarne la conservazione. Interessanti sono inoltre alcune ordinanze di fine Ottocento ed inizio Novecento firmate dai responsabili annonari dell'Imperial Regio Governo Austriaco che vietarono la vendita di carni bovine fresche, maiali, pecore, capre, cavalli, conigli, volatili e selvaggina per tre giorni alla settimana (il lunedì, il mercoledì e il venerdì) con la sola eccezione della "carne salada" e "insaccata" esclusi però i cotechini, gli zamponi, le salsicce e le lucaniche fresche.
Norme severissime per macellerie e trattorie inadempienti
Le violazioni di tali norme erano punite con multe fino a 5 mila corone e l'arresto fino a tre mesi di reclusione con la chiusura delle macellerie e delle trattorie inadempienti. Forse anche per queste restrizioni la "carne salada" ha avuto quella notorietà che nemmeno le vicende belliche erano riuscite a scalfire. Ed oggi è diventata il simbolo gastronomico di numerosi comuni del versante trentino del Lago di Garda (Riva, Arco, Torbole) e dell'entroterra (Bolognano, Varignano, Varone, Tenno) con appendici nella vicina Valle di Ledro, nel Bleggio e nelle Giudicarie. Ma la patria indiscussa, la culla della carne salada trentina è Tenno con le frazioni di Gavazzo, Canale, Ville del Monte, Pranzo, Cologna.
Il segreto? Le carni pregiate, la concia e i tempi di marinatura
Qui, a Cologna di Tenno, la famiglia Benini, famiglia che da quattro generazioni gestisce la mitica trattoria "Piè di Castello", prepara la carne salada con l'amore riservato alle cose preziose. Quale il segreto di questa specialità? Giorgio Benini ci ha confessato che il segreto sta tutto nella materia prima. Lui utilizza solo tagli pregiati (fesa, scamone, controfiletto) di carni selezionate e certificate del vicino Lomaso e della Val Rendena. Fondamentale è poi la "concia" (sale, pepe, bacche di ginepro, alloro, rosmarino e aglio), mentre i tempi di marinatura possono variare dai 25 ai 30 giorni. In tavola la "carne salada" è proposta cruda, in carpaccio, oppure leggermente affumicata o, ancora, scottata sulla piastra e accompagnata da un contorno di fagioli conditi con un filo di olio extravergine del Garda. Oltre alla storica Trattoria Piè di Castello (il locale, datato 1663, sorge nel cuore del borgo medievale di Cologna a due passi dalla famosa cascata del Varone e ad un tiro di schioppo da Riva del Garda) segnaliamo il Ristorante "Castello" (Tenno), "Cà Briosi" (Cologna), "Foci da Rita" (Tenno), il "Belvedere" (Varignano di Arco), il "Piccolo Mondo" (Torbole) della famiglia Chiesa che propone la "carne salada" come piatto del Buon Ricordo. Un piatto da ricordare e da collezionare.