di Giuseppe Casagrande
Matrimonio d'amorosi... sensi al Mart di Rovereto tra le fantasiose ricette dello chef stellato Alfio Ghezzi e le diverse stagionature del formaggio dell'Altopiano dei Sette Comuni.
Si racconta che il presidente francese Charles De Gaulle agli ospiti d'onore invitati all'Eliseo (Capi di Stato, re, principi, premier) durante i pranzi di gala amasse intrattenerli dicendo com'era difficile governare un Paese (dalle Alpi ai Pirenei, dalla Normandia alla Costa Azzurra) che ha più formaggi che giorni del calendario (365 o 366 se l'anno è bisestile). A questo punto che dovrebbe dire l'Italia che di formaggi (a denominazione d'origine protetta, a indicazione geografica, Presìdi Slow Food e prodotti di nicchia locali) ne vanta almeno il doppio? Tra i più famosi ricordiamo il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, il Gorgonzola e, certamente non ultimo, l'Asiago Dop. Una realtà quest'ultima che coinvolge quattro province: l'intera provincia di Vicenza, la provincia di Trento e la fascia pedemontana delle province di Treviso e di Padova. Oltre 1.200 sono gli allevamenti della filiera (204 in Trentino), un milione e 650 mila le forme prodotte (il dato si riferisce al 2021).
Alfio Ghezzi premiato dal Gambero per il miglior piatto a base di formaggio
lo chef stellato Alfio Ghezzi del Ristorante "Senso" del Mart con il direttore del Consorzio di Tutela del Formaggio Asiago Dop Flavio Innocenzi. A destra il vicepresidente Fabio Finco.
Lo spunto per parlare del formaggio Asiago ci è stato offerto dalla serata gourmet organizzata nei giorni scorsi dal Consorzio dell'Asiago Dop al Ristorante Senso (Mart di Rovereto) di Alfio Ghezzi, premiato dalla Guida 2022 del Gambero Rosso per la miglior creazione a base di formaggio. L'evento si inserisce all'interno di un ciclo di appuntamenti, da Nord a Sud della Penisola, che vede impegnati quegli chef che celebrano, con il loro lavoro, l’alto valore del formaggio come materia prima di qualità. Tra i premiati figurano anche Peppe Guida dell'Antica Osteria Nonna Rosa di Vico Equense e Francesco Apreda del The Pantheon Iconic Rome Hotel della capitale. Il prestigioso riconoscimento testimonia l'importante legame che lega l'Asiago con il mondo della ristorazione e dimostra quanto la scelta di una denominazione d'origine protetta possa valorizzare il lavoro e la fantasia di ogni chef. E proprio la fantasia è stata il leitmotiv della serata-evento al Mart di Rovereto dove si è celebrato il matrimonio d'amorosi sensi tra le diverse tipologie di Asiago Dop e i piatti d'autore proposti da Alfio Ghezzi.
Peccaminosi quegli gnocchi con l'Asiago vecchio, la grappa e la cannella
Quanto mai sfiziosi gli "amuse bouche", in particolare il panzerotto all'Asiago Dop Mezzano con la mortandela (da non confondere con la mortadella), le sfogliatelle con la ricotta e il cavolfiore in conserva con l'Asiago Fresco Riserva, stuzzichini abbinati alle bollicine Alpe Regis Brut 2016 della Cantina Rotari Mezzacorona. Era il preludio per il via alle danze, a tavola, con l'antipasto primavera: una deliziosa crocchetta con l'Asiago Dop d'Allevo Mezzano e i ravanelli julienne, piatto accompagnato sempre dalle bollicine Alpe Regis Brut 2016 della Cantina Rotari. Peccaminosi gli gnocchi con l'Asiago Dop d'allevo Vecchio, grappa e cannella abbinati ad un profumatissimo Müller Thurgau Superiore Trentino Doc 2017 collezione Musivum della Cantina Mezzacorona. Piatto forte della serata le candele di vacca razza Rendena con l'Asiago Dop d'Allevo Stravecchio, asparagi e morchelle, piatto abbinato ad un sontuoso Chardonnay Alto Adige Doc 2016 collezione Musivum sempre della Cantina Mezzacorona. Una provocazione, riuscita a parer mio, il dessert di fine pasto: la Liquirizia con piselli, gelato al latticello e Asiago Dop pressato fresco. Piatto abbinato al Passito Hekate Terre Siciliane 2018 dell'azienda Feudo Arancio del Gruppo Mezzacorona. Chiusura in sintonia con il vecchio proverbio "La boca non xe straca fin che non la sa de vaca". Il Direttore del Consorzio Flavio Innocenzi e il vicepresidente Fabio Finco per la degustazione finale hanno presentato cinque diverse tipologie di Asiago Dop: il Fresco, il Mezzano, quello con il caglio vegetale, lo Stagionato Vecchio e lo Stravecchio di 36 mesi. Una bontà.
L'Asiago Dop a pasta semicotta è prodotto esclusivamente con il latte vaccino
L'Asiago DOP è un formaggio a pasta semicotta prodotto esclusivamente con latte vaccino. Con il nuovo disciplinare di produzione, introdotto nell’ottobre 2020, il Consorzio ha voluto rafforzare il profondo legame con il territorio d’origine impegnandosi a mantenere intatte le caratteristiche distintive delle diverse tipologie di Asiago. Si tratta di un percorso che guarda al futuro di uno sviluppo sostenibile passando attraverso anche scelte produttive vicine alla natura, con un processo che parte dall’alimentazione delle bovine e si snoda fino al prodotto finito e alla sua presentazione al consumatore. Le scelte produttive dei soci del Consorzio Tutela Formaggio Asiago si esprimono in una costante ricerca di un’innovazione che sia fedele alla tradizione. Lo è, ad esempio, il recupero di una storia di produzione fatta con il caglio vegetale (il cardo), impiegato fin dalla notte dei tempi. Oggi i soci producono, insieme alle altre tipologie, Asiago DOP con caglio vegetale, una risposta alle nuove esigenze di consumo ma, anche, una scelta di valorizzare antiche tradizioni che, diversamente, andrebbero perdute. Attraverso scelte produttive come questa, il Consorzio Tutela Formaggio Asiago testimonia il suo ruolo di promotore di sviluppo, preservando i valori e l’identità di questo formaggio e diventandone tutore e testimone nei confronti del mercato.
Questo percorso di qualità prevede un impegno in una costante qualificazione del prodotto con requisiti sempre più stringenti. Da qui l’eliminazione dell’uso del lisozima e la particolare attenzione alla valorizzazione e promozione delle diverse stagionature dando testimonianza della grande qualità raggiunta. Tra le innovazioni introdotte dal disciplinare e oggi pienamente in fase di realizzazione, vi è una particolare attenzione alla grande diversità che arricchisce la proposta Asiago DOP. Oggi si possono trovare Asiago DOP Fresco Riserva di 40 giorni ed oltre di stagionatura che si affianca all’Asiago DOP Fresco, da un minimo di 20 giorni dalla data di produzione mentre, per l’Asiago DOP Stagionato si allunga il tempo di stagionatura minima, che passa da 60 a non meno di 90 giorni dalla data di produzione e si identificano con maggiore precisione le diverse stagionature: Mezzano (da 4 a 10 mesi), Vecchio (da 10 a 15 mesi) e Stravecchio (oltre i 15 mesi). Questa è una scelta che qualifica e distingue tutta la produzione Asiago DOP che, sempre più, vuole essere apprezzata per la sua naturalità, capacità di offrire risposte chiare, fatte di valori semplici e di risposte ad un sentire comune di voglia di cambiamento. Proprio questa è stata la chiave di volta di un grande apprezzamento da parte dei consumatori durante la pandemia.
Le prime testimonianze sull'Altopiano risalgono al 1.200 avanti Cristo
La prima testimonianza scritta della presenza della lavorazione del formaggio sull'Altopiano di Asiago risale al 983 dopo Cristo, con un atto in cui vengono menzionate alcune malghe già presenti sull’Altopiano. Scavi archeologici dell’Università di Padova hanno però evidenziato che in loco esisteva un’attività casearia addirittura fin da prima del 1.200 avanti Cristo, con nutrite testimonianze di questa lavorazione a partire dalla presenza di alcuni colini con fori che servivano per la separazione del siero dal formaggio. Solo recentemente si lavora ad una interessante ipotesi. “Riteniamo che la lavorazione del formaggio, nelle zone dell’attuale Altopiano di Asiago e dei 7 Comuni, sia da datare intorno a cinquemila anni prima di Cristo – afferma Armando De Guio, professore di “Archeologia del territorio” del dipartimento dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Padova. – Un’evidenza che mostrerebbe l’importanza millenaria di questi territori per l’arte casearia”. Si tratta, dunque, di una delle prime produzioni della storia. Nei secoli, la produzione del formaggio in queste zone, sia ovina che bovina, si è andata tramandando di generazione in generazione.
La zona di produzione: Vicenza, Trento e la fascia pedemontana di Padova e Treviso
La fine della Serenissima Repubblica di Venezia (1797) segnò anche la conclusione di particolari accordi e privilegi goduti dagli abitanti dell’Altopiano dei Sette Comuni riguardanti lo svernare delle greggi nelle pianure veneto-friulane. Nel corso dell’800, centinaia di famiglie traslocarono a valle portando con sé la tradizione casearia. Furono poi i terribili eventi bellici della Prima Guerra Mondiale a modificare gli equilibri e a costringere gli abitanti dell’Altopiano ad insediarsi in altre aree. Per questo, oggi Asiago DOP si produce in tutta la provincia di Vicenza e di Trento e nelle fasce pedemontane delle province di Padova e di Treviso. L'Asiago più antico, più vicino alla tradizione dei casari dell'Altopiano e dal sapore più intenso e avvolgente, è quello Stagionato. Nei primi anni del Novecento, dalla tradizione della zona Dop, combinata alle più innovative tecnologie casearie, è nato l’Asiago Fresco. Il gusto di questo formaggio, dolce e morbido, ne ha permesso la diffusione internazionale.