di Giampietro Comolli
Frutti, orti, grani antichi in sintonia con cambi climatici e distretti produttivi di montagna. Acquisti difficili, inflazione in crescita nell’agroalimentare. Troppe cause connesse e derivate. Ma c’è bisogno di grano duro e tenero per la pasta made in Italy
Da un recente sondaggio di Ceves è emerso che negli ultimi 180 giorni i “nomi” più utilizzati nella comunicazione e media, ovvero fra i primissimi, ci sono nell’ordine: solidarietà, resilienza, transizione. Da un altro sondaggio di questi giorni fatto da Ceves su un panel storico (secondo modelli statistici internazionali) di 864 residenti in Italia emerge che solo il 3% degli intervistati conosce perfettamente il significato dei tre termini, il 16% non gliene importa in senso generale, il 29% sbaglia totalmente la descrizione.Ricordo che per sostenibilità si intende un insieme di misure e/o difese e/o azioni, singole e collettive, tese al mantenimento di un impegno e di una condizione in senso lato. Per resiliente si intende una capacità diffusa di una comunità di resistere difronte a cambiamenti, di ogni tipo. Dalla teoria alla pratica vuol dire parlare meno e usare meno questi termini in pubblico e nelle interviste, ma agire e impegnarsi e garantire e lavorare in modo concreto e reale e prima possibile. Oggi lo scenario politico-economico-sociale di un consumatore è molto difficile, complesso, articolato. L’inflazione, checche ne scrivano commentatori autorevoli, come al solito più è evidente nella realtà quotidiana degli acquisti ordinari: non lo 0,2%, ma quasi il 2% su base annua.
Basta andare al supermercato per gli acquisti alimentari che giudicherei: di particolare importanza vitale salutare soggettiva collettiva quotidiana. Ebbene il gap fra il settembre 2019 e il settembre 2021, sugli stessi alimenti generici (parlo di pane, frutta, verdura, formaggi, carne, legumi….), nello stesso punto vendita, stessa città varia dal 22% al 42% a seconda dell’origine, provenienza, stagionalità. Il cambio climatico accentua questi divari, difficoltà. Ma non solo per le big-materie prime industriali, anche per farine, melanzane, zucche, cipolle, lenticchie ..si riscontrano rincari non chiari. Un recupero non tanto occulto delle perdite del 2020-2021 scaricati dall’industria alimentare e dalle big-farm sul consumatore finale? Ritorna utile – mi sembra ineludibile una volta in più – riprendere il tema di casa nostra relativo alle condizioni di 2/3 del territorio produttivo nazionale: una mano al clima, all’ambiente , al disinquinamento – in forma concreta e pratica e non a parole seduto con un microfono davanti – ci viene offerta in Italia dai territori disagiati, vulnerabili, svantaggiati, difficili dell’alta collina (sopra i 350 mslm) e dalle tante montagne che abbiamo.
Spopolate di abitanti, imprese, occupazione negli ultimi 50 anni per circa il 60%. Spostiamo colture e allevamenti in questi territori, creiamo distretti, portiamo a vivere con dignità e con servizi chi vi lavora, non chi percepisce un reddito di cittadinanza o una pensione troppo anticipata. Un “travaso” di competenze, attività, sostegni, servizi, reddito a chi aiuta e difende a mantenere una vita dignitosa attraverso il proprio lavoro, e non la passività sociale, è vera resilienza, solidarietà, sostenibilità. Non parole. Due esempi concreti recentissimi: la rassegna Frutti Antichi del Castello a Paderna di Piacenza, località bellissima e sperduta nella pianura padana vicino alla via Emilia e antico monastero, ricovero, refettorio della millenaria Via Francigena, con 200 espositori da tutta Italia ha visto in un weekend una partecipazione di pubblico, sotto controllo green pass, impressionante, migliaia di consumatori acquirenti alla ricerca di un qualcosa che può scomparire, può essere dimenticato, difficile da trovare. www.fruttiantichi.it. 200 imprese che possono diventare 400 o 4000.
C’è spazio, c’è vita, c’è soprattutto una occupazione” intelligente di territori e di famiglie in aree lontano dalle metropoli, dove si vive meglio. La ricerca concreta di CNR-Graditi, partita in Campania e Sicilia, può diventare un riferimento nazionale grazie a Rete Italia Distretti Produttivi – Consorzio Gran’Antico®© che sta “elencando” grani teneri e duri (dal Maiorca….al Capelli) per ottenere una pasta secca che tenga cottura, possegga elevato valore nutrizionale, un bassissimo indice di glutine, un grado alto di digeribilità, un alto contenuto di proteine, una gamma ampia di vitamine e minerali. Stessa cosa per il pane in tutte le regioni italiane. Queste coltivazioni di “graniantichi” possono già trovare un habitat ideale negli appennini nazionali (noti già i campi di grano duro antico nelle Marche, in Abruzzo) e sulle montagne isolane, fornire un reddito significativo, far nascere e legare mulini di farine e birrifici, ma anche lavorazione del mais e della canapa, dei gelsi. Bisogna triplicare la produzione nazionale di grano duro per far fronte alla richiesta di pasta made in Italy.