IL PANE DI MONTE SANT'ANGELO, NUOVO PRESIDIO SLOW FOOD

Riceviamo da Ufficio Stampa Slow Food e volentieri pubblichiamo

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Pane di Monte Sant'Angelo, tradizionalmente di grande pezzatura con una cottura perfetta, così si mantiene a lungo. Scatto di Oliver Migliore

Il centro abitato di Monte Sant’Angelo sorge a circa 800 metri di altitudine, sulle prime pendici del Gargano, ma l’ampio territorio comunale arriva a comprendere anche l’area costiera, per un totale di oltre 245 chilometri quadrati. Un dato che pone Monte Sant’Angelo al 15° posto della classifica dei comuni pugliesi per superficie, ma tra gli ultimi per densità di popolazione. Un fenomeno causato dal processo di abbandono della montagna: negli ultimi settant’anni, la popolazione si è dimezzata e, soltanto tra 2017 e 2022, ad andarsene sono stati in duemila. Chi rimane, però, continua a difendere una produzione alimentare che è una vera e propria cultura: quella del pane, ancora oggi cotto in forni che rimangono accesi sempre, tutto l’anno, tranne il giorno di Natale e il primo di gennaio.

«Ogni pagnotta richiede tra le quattro e le cinque ore perché sia pronta» spiega Domenico Notarangelo, referente dei produttori che aderiscono al Presidio, senza considerare i tempi di preparazione del lievito madre, che viene lavorato almeno dodici ore prima dell’impasto vero e proprio. «Cominciamo all’una e mezza di notte e inforniamo più di tre ore dopo, lasciando cuocere per una novantina di minuti con una tecnica detta “calante”, cioè con la temperatura via via più bassa – prosegue il produttore –. Io uso un forno a legna che ha più di cinquant’anni, ma oltre al tipo di cottura la differenza la fanno le condizioni climatiche, la temperatura e l’umidità: anche solo a cinque chilometri da Monte Sant’Angelo, lo stesso panificatore, con gli stessi ingredienti e lo stesso forno, non riuscirebbe a fare lo stesso pane».

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Monte Sant’Angelo

Il pane di Monte Sant’Angelo ha due particolarità: la prima riguarda le sue dimensioni e il suo peso, che può arrivare addirittura a cinque chili. La seconda è la materia prima: è una pagnotta di farina di grano tenero, quasi un unicum in una regione dove il grano duro la fa da padrone. «In alcune aree montane come il Gargano ci sono nicchie in cui la coltivazione di quello tenero ha una lunga tradizione» spiega Felice Suma, agronomo e membro della task force Presìdi in Puglia. «Nei decenni, complice l’abbandono di queste aree, il numero dei coltivatori è però diminuito, al punto da convincere molti panificatori a scegliere farine di grano tenero d’importazione, italiane ed estere. Il Presidio ha l'obiettivo di unire coltivatori e produttori affinché si torni a coltivare le varietà antiche di grano tenero come la risciola e il frassineto e a usarle per il pane di Monte Sant’Angelo».

«La Comunità Slow Food del Presidio coinvolge 12 fornai e due coltivatori di grani antichi – aggiunge Longo –. Alcuni panificatori, questa primavera, lamentavano di essere costretti ad aumentare il prezzo del pane per via della speculazione sul grano dovuta alla guerra in Ucraina. Approvvigionarsi da produttori locali e usare farine del territorio significa anche affrancarsi da tutto questo: se oggi le farine di grani antichi costano di più è perché, per decenni, abbiamo snobbato le nostre varietà autoctone. Ecco perché noi generiamo filiere corte, perché fanno del bene al territorio e all’economia. Se non è rigenerazione questa!».

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