“Il turismo è un bene di tutti”. Antonio Lampis è il dirigente provinciale a capo della Ripartizione Cultura Italiana ed è abituato a confrontare la sua Bolzano con il resto del mondo. Alla costante ricerca di una crescita continua che il capoluogo altoatesino può imboccare in virtù di tutte le sue peculiarità turistiche. I suoi ragionamenti, espressi con noi e al giornale Il Sole 24 Ore, sono preziosi spunti e orizzonti per il futuro.
“Il primo concetto basilare è che il turismo è un bene di tutti i cittadini e non solo degli addetti ai lavori o delle associazioni di categoria”
Quale sarà la vera scommessa del futuro?
“La natura. Dobbiamo prepararci molto bene perché la concorrenza dei Paesi dell’Est emergenti può essere difficile da contrastare. Hanno ambienti molto più incontaminati dei nostri quindi sarà necessario puntare su fattori identitari non replicabili come la cultura, l’artigianato, la qualità del cibo e le tradizioni. Il turismo vive di racconto e serve l’opera di tanta professionalità specializzata in questo”
In cosa dovrebbe concentrarsi questo racconto?
“Anzitutto nell’interpretazione del desiderio di chi visita. Prima di tutto quello rivolto a esperienze più esclusive e non massificate. Qualcosa di unico e non alla portata di tutti gli altri. I dati ci dicono che il sentiment positivo cala proporzionalmente all’aumento dell’affollamento”
Una Bolzano sempre più a misura d’uomo?
“Sì. Persino il turismo in arrivo in Italia dalla Cina sta conoscendo forme diverse dai viaggi di gruppo in favore di coppie borghesi che ormai hanno tutti gli strumenti a disposizione per organizzarsi un’esperienza di viaggio autonoma con tempi ed esperienze tagliate su misura. Queste persone non verranno solo per i classici highlights turistici ma vorranno delle piccole gemme da raccontare come unicità. È su queste piccole gemme che dobbiamo accendere i riflettori per vincere la scommessa del futuro”
Che ruolo ha, in tutto questo, lo sviluppo tecnologico e l’Intelligenza Artificiale in particolare?
“Molto impattante. Di colpo si abbattono tutte le barriere linguistiche con una capacità di sintesi di concetti prolissi mai avuta. È una grande opportunità per musei e luoghi della cultura. Per questo va stretta un’alleanza importante tra il mondo della cultura, intellettuali, antropologi, sociologi e operatori turistici. Non è bene avere strategie autoreferenziali limitate solo ai confronti con le associazioni di albergatori e commercianti. Più ampia è questa alleanza e meglio ci si può proporre come player turistici”
Lei si è spesso soffermato ad approfondire il ruolo dei Centri storico nelle città italiane.
“Sì perché sono luoghi della memoria che devono difendere la loro autenticità e, conseguentemente, la loro sostenibilità turistica. Le comunità per prime devono prendersi cura dei loro Centri trattandoli come prodotti unici ed evitando l’omologazione globale. La prima via di salvezza di un Centro storico è di riconnettersi al territorio circostante e alle sue tradizioni, anche produttive. Valorizzare il patrimonio culturale e artigianale è sempre il punto di partenza con un’attenzione particolare all’estetica e alla bellezza”
Che idea avrebbe Lei per ottenere questo?
“Ad esempio sottrarre alcuni locali commerciali alle catene o al food per consegnarli all’artigianato locale. Dando precedenza a quei giovani che dimostrano voglia di reinterpretare alcuni mestieri inoculandovi elementi estetici nuovi e contemporanei. Dobbiamo tornare a riconnetterci con il nostro sistema produttivo più profondo e tradizionale”.