di Giampietro Comolli
Feste 2022, voglia di vino passito. Il consumatore chiede qualità produttiva certificata e certa.
Due notizie nazionali apparse in questi giorni di “prefestività e consumi” sulle più diffuse testate giornalistiche di quotidiani, radio, televisioni, social e web mi hanno colpito: quella di un ritorno agli acquisti e consumi di vino passito, soprattutto in enoteche e ristoranti, e quella del calo degli acquisti di panettoni tradizionali con solo uvette e canditi a favore di quelli creativi colorati ricchissimi super accessoriati… provenienti da tutte le regioni italiane… anche quelle note per dolci festaioli completamente alternativi.
Due scelte opposte: una verso la tradizione e una diretta alla innovazione. Questo mi ha fatto pensare subito alla mia amata Pantelleria, da non pantesco… ma pensando ai panteschi ai loro sacrifici, impegni, volontà….
In questi giorni di festa anche io ho girato diverse enoteche, ristoranti, supermercati, negozi in diverse città del Nord Italia come Eataly ed altre enoteche speciali come quelle di Esselunga o di negozi artigianali di quartiere assai gettonati, dove bisogna fare anche 20 minuti di coda a tutte le ore per entrare.
Ebbene: un altro titolo di giornali mi ha attirato, escludendo ovviamente quelli più importanti su guerre, calamità, frodi, scandali politici, abbandoni, ecc…, quello in cui tutti i grandi giornalisti descrivono come la “ crisi economica si sente e si vede…” attraverso rinunce e risparmi sulle spese natalizie di quest’anno causa la mancanza di soldi in tasca alla maggior parte degli italiani comuni, gli italiani di fascia media, quelli più colpiti oltre ai più poveri ovviamente.
Non entro nel merito se un reddito di 1500 euro a persona netto al mese sia equo al punto di considerarsi fascia media, ma cerco di capire come si fa a scegliere nell’acquisto con oculatezza, qualità, bontà fra una bottiglia di Zibibbo Passito Doc Pantelleria Naturale di mezzo litro a 14-18 euro al pezzo al consumo sullo scaffale e una altra bottiglia vicinissima con scritto in etichetta Zibibbo Doc Pantelleria Passito Liquoroso di mezzo litro a 3-5 euro sempre di 500 cc., come da foto scattate.
Il consumatore sa che cosa acquista!? Si fa un mucchio di domande e , le toppe domande, sono una barriera all’acquisto che porta inevitabilmente a scegliere quello che costa meno convinto che almeno la fregatura è costata poco!
Come fa un consumatore di Udine, di Brescia, di Cuneo districarsi fra questi dettagli in etichetta, spesso scritti volutamente male o con abilità, per capire quale “passito” pantesco sta comperando o regalando. Si fida del marchio ? Del colore dell’etichetta? Del nome Doc Pantelleria? Del nome Zibibbo riportato più volte in etichetta? Crede che Terre Siciliane sia sinonimo di Pantelleria? E’ convinto che Sicilia Doc e Pantelleria Doc sia la stessa cosa? O, peggio ancora, conosce la differenza fra la scritta e il contenuto di “ Passito Liquoroso Zibibbo” e “ Passito Naturale Zibibbo”? Quindi comprende quali enormi differenze sono alla base di un costo di 4 euro contro 15 euro alla bottiglia identica (uno circa quattro volte l’altra)?
Il consumatore legge sempre l’etichetta e si accontenta di leggere “Pantelleria” e sa che la denominazione esclusiva si esprime in ben 9 etichette diverse, vini diversi, con storie, culture, passioni, costi, lavori, sacrifici… completamente diversi. Diventa normale che – dopo aver acquistato e bevuto – il consumatore si accorge che il passito liquoroso è molto diverso dal passito naturale, che forse è meglio un Marsala o un vin santo Toscano e Trentino.
Quindi cambia acquisto ed etichetta… in ogni caso! E’ questo che Pantelleria e la Sicilia vogliono? E’ questo che i panteschi desiderano? Il consumatore chiede che il passito naturale “comunichi” la mineralità lavica, gli odori dei fiori del mare, la titolazione naturale, la salsedine della pomice, il miele non mieloso zuccherino. E non lo trovano.
Si accorge, il consumatore, che pur appellandosi in etichetta tutti come “ Pantelleria Doc Zibibbo” le differenze sono sostanziali. Ma in questo periodo, durante le Feste2022, in cui c’è una ritorno e una voglia di vini passiti dolci (così scrivono gli esperti) da meditazione, da godere con calma a casa, magari con il termosifone spento e il camino a legna funzionante e una coperta sulle ginocchia, non sarebbe giusto chiarire le posizioni?
Ben venga un Liquoroso di Moscato, un Moscato d’Alessandria Liquoroso, un Liquoroso Passito e basta, un Passito di Moscato... benissimo che tutti siano assolutamente Doc o Dop… ma perché non può esistere e vivere anche in piena autonomia e autenticità lo “Zibibbo Passito Naturale Doc o Docg”?
Una sola dizione, separata, che dice e racconta tutto al consumatore: sia a quello attento-esperto-maturo che legge tutte le etichette e quello che si accontenta di un nome scritto a caratteri più grandi in etichetta ed altri, importantissimi, scritti nel retro e con caratteri molto-molto più piccoli. Non sarebbe il momento di parlare al consumatore con voce unica e più chiarezza, usando il linguaggio del consumatore e non in quello della legge disciplinante dei fac simile che nessuno conosce.
Il viticoltore pantesco, con vigna solo e con cantina sull’isola del vento, vuol continuare a produrre e vendere il suo-solo-unico Zibibbo Passito Naturale Dolce Dorato? Ebbene è il momento di provarci sul serio. Il consumatore sta aspettando, ma non molto tempo però.
Giampietro Comolli