di Camillo Pisano, Foto di Alessandra Farinelli
“Non sono nato in questo mondo e non ho ereditato il patrimonio di sapienza che generalmente viene tramandato da padre in figlio. Il fardello, a volte pesante, della ‘tradizione di famiglia’ me lo sono risparmiato. Devo dire che da mio padre, medico che dedicava alle piante e agli animali le stesse attenzioni e premure che riservava ai propri assistiti, ho ereditato qualcosa di più importante: l’umiltà e il rispetto, virtù a mio avviso necessarie per osservare con benevolenza le fascinose e a volte complicate dinamiche della natura”. Da queste prime battute si comprende subito che non si è di fronte ad un produttore qualunque, al di là della bontà dei suoi formaggi, che approfondiremo più avanti, si ha subito la percezione che Giuseppe Iaconelli ha un singolare approccio umanista del proprio mondo. Mondo in cui arriva relativamente tardi, intorno alla metà degli anni ’80. Poco più che ventenne, crea un’azienda di allevamento ovicaprino all’interno di un vecchio oliveto di famiglia.
Curioso e affamato di conoscenza Giuseppe, nei primi anni ’90, inizia a viaggiare per andare a conoscere realtà similari che potessero ispirarlo e dalle quali potesse trarre dei modelli da plasmare nella sua azienda. Il Nord Italia e la Francia sono le sue mete più frequenti, senza trascurare la Sicilia, la Basilicata e il Cilento. Da queste esperienze Giuseppe modula la sua filosofia di lavoro e “inventa la sua tradizione”; “Per produrre i miei formaggi - racconta Giuseppe - seleziono e ricerco il latte migliore, provenienti da bufale, vacche, capre e pecore. La mia esperienza di allevatore mi porta ad indagare con interesse e competenza i processi di filiera e la mia filosofia è che al centro del ragionamento ci sia il latte, quello fatto in campo prima che nella stalla, quello munto da animali felici. Nel pieno rispetto di una grande materia prima, i procedimenti di produzione sono all’insegna dell’assoluta artigianalità: latte, crudo possibilmente, caglio e sale gli ingredienti; tini, culle, vasche e braccia le attrezzature.
Tutto ciò non deve trarre in inganno però. Il concetto dell’artigianalità deve essere contestualizzato alle esigenze e alle legittime aspettative del mercato contemporaneo: perciò grande utilizzo di tutta quella tecnologia necessaria a monitorare il prodotto dall’inizio alla fine del processo”. In altre parole la concretazione e l’esplicazione di cosa vuol dire coniugare la “tradizione” con l’innovazione. Giuseppe ama molto i formaggi a pasta cruda e produce un’assortita e accattivante gamma di formaggi molli, in crosta fiorita e lavata, affinati con eleganza, o latti di varia natura, aromatizzati all’arancia candita, mirtilli e rosmarino, lavanda e lamponi, finocchietto e origano selvatici, tutto di ispirazione chiaramente transalpina e settentrionale ma in cui è comunque rintracciabile la matrice culturale di Giuseppe, che ben si estrinseca attraverso i nomi dei formaggi: Signurinella, Candido, Mammà, Normanno etc.
Giuseppe, oltre a produrre, ha sviluppato molto anche il discorso riguardante la stagionatura e l’affinatura dei formaggi, recuperando vecchi ipogei e antiche strutture già utilizzate nel corso degli anni come locali di conservazione e maturazione di formaggi. E sono le grotte naturali a dare ai formaggi la consacrazione all’immortalità facendone dei veri e propri monumenti. Zeus, Sammucro, CaciocaMalgo, Mediterraneo, Bulbo sono solo alcuni dei caciocavalli di solo latte di Bruna Alpina o Pezzata Rossa, o dei pecorini affinati alle erbe, dei bufalini a pasta dura, dei caprini allo zafferano e tartufo bianco che Giuseppe cura amorevolmente all’interno di questi luoghi dell’anima. Nonostante tutto questo sia veramente tanta roba, Giuseppe non è appagato e allora, dal 2010, inizia a rivolgersi anche ad altri mondi e altre realtà, con la stessa bramosia di un viaggiatore instancabile. Inizia a collaborare con la comunità di San Patrignano, occupandosi della formazione dei ragazzi nel campo lattiero-caseario e collabora con Alberto Marcomini ad un progetto all’interno dell’istituto penitenziario della Gorgona per il recupero di un vecchio opificio.
Avvia inoltre una cospicua attività di supporto a privati ed aziende offrendo la propria consulenza nel settore della produzione casearia. E qui Giuseppe affronta l’ennesima sfida scommettendo sui formaggi di bufala, argomento, all’epoca, decisamente poco sviluppato. Nasce così il primo camembert di latte di bufala di cui oggi si parla tanto. Tra i progetti più recenti e stimolanti che Giuseppe sta seguendo c’è una bellissima iniziativa in Irpinia: lì la scommessa è sulle capre e dall’amore che traspare dalle sue parole ritengo che sia già vinta. Il posto in cui parte la vita professionale di Giuseppe è assolutamente in linea con tutto quello che lui rappresenta oggi e che va diffondendo: San Pietro Infine, un piccolissimo comune a cavallo fra la Provincia di Isernia e quella di Frosinone, una sorta di enclave della Campania in territori abbastanza diversi culturalmente e geograficamente.
Luogo conteso per secoli tra Osci, Sanniti e Romani, devastato dai Barbari, in epoca tardo medievale, terra di brigantaggio in epoca post unitaria e quasi completamente cancellato durante la Seconda guerra mondiale. Oggi posto di passaggio e di transito, spesso distratto, con poche connotazioni identitarie. E per Giuseppe sembra ricorrere ancora il karma dell’assenza di tradizioni che lui però trasforma in una risorsa, anziché subirla come limitazione, elevando l’idea dello scambio, della miscellanea di sapienze e di culture, dell’accoglienza, a sistema del suo lavoro. Insomma un’umanità tutta da scoprire e da svelare. Prendendo a prestito una delle sue frasi più care direi che è proprio vero che : “ dietro ogni produzione degna c’è una grande umanità” .
Società Agricola Optimum Sancti
Via delle Querce 7, 81100 (CE)
di Giuseppe Iaconelli
Tel. +39 328 4330883