di Edoardo Sala
La pancetta di Calabria DOP viene ricavata dal sottocostato inferiore dei suini, appartenenti alle razze tradizionali di taglia grande quali la Calabrese o la Large White e la Landrace Italiana. La Pancetta, con la cotenna, ha uno spessore compreso tra i 3 e i 5 cm. Al consumo, la Pancetta di Calabria si presenta con una superficie di colore rosso, dovuta alla presenza del peperoncino; all’interno, di tonalità rosate, si alternano parti grasse e magre. Ha profumo intenso, gusto sapido, delicatamente dolce, aromatico e talvolta pungente. Si conserva in locali freschi e asciutti e, una volta affettata, nella parte meno fredda del frigorifero, avvolta in carta per alimenti o in un panno.
Fasi della preparazione
Il pezzo, prima della lavorazione, deve avere un peso compreso fra tre e quattro chilogrammi e uno spessore di 3-4 centimetri. Una volta rifilata, la Pancetta di Calabria viene sottoposta a un processo di salagione che dura da quattro a otto giorni. È poi lavata e bagnata con aceto, e può essere aromatizzata con pepe nero, pepe rosso, crema di peperoni, aceto e ricoperta di polvere di peperoncino; infine viene avviata alla stagionatura, che si protrae per un minimo di trenta giorni in ambienti con temperatura e umidità idonee. Nei casi in cui non venga commercializzato intero, il prodotto viene porzionato o affettato. Tali operazioni devono avvenire esclusivamente nella zona di produzione.
In cucina
La Pancetta di Calabria DOP si serve al naturale o leggermente scaldata, con pane rustico o polenta calda; si utilizza anche per preparare sughi. È molto apprezzata in molteplici ricette della tradizione regionale o nazionale: trova infatti ampio utilizzo nella preparazione dei soffritti per piatti di pasta classici quali la pasta all’amatriciana e la carbonara, oppure con le fave fresche, con legumi cotti o ancora come ingrediente di alcuni piatti tipici regionali.
Zona di produzione
Per la produzione si impiegano maiali – nati in Calabria, Basilicata, Sicilia, Puglia e Campania, e allevati in Calabria – che non abbiano superato il quarto mese di età e peso non superiore a 140 chilogrammi.
Cenni storici
Le origini della produzione di salumi in Calabria risalgono con tutta probabilità ai tempi della colonizzazione greca delle coste ioniche. Le prime documentazioni certe riguardanti la lavorazione delle carni suine si riscontrano in un testo del 1691, Della Calabria Illustrata, nel quale Padre Giovanni Fiore da Cropani, cita tra le carni salate, quelle trasformate “in Lardi, in Salsicci, in Suppressate, e somiglianti”. Al decennio francese, 1806-1815, risale invece la Statistica Murattiana nella quale viene documentata la “preferenza delle carni porcine salate, che si lavorano in entrambe le Calabrie. Il sale e ’l pepe formano generalmente presso il popolo i preparativi alla corruzione di questo intingolo ricercato”. Nella terza sezione dedicata a “sussistenza e conservazione delle popolazioni” si indica che “la carne porcina è la sola che si sala in ciascheduno circondario”. La Calabria è rimasta nel tempo una delle poche regioni dove la cultura della lavorazione del maiale è ancora profondamente radicata.
Consorzio di Tutela dei Salumi di Calabria a DOP
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