di Tecla Pisano
Circondata dall'acqua su tre lati, Mantova è una città lombarda, non lontana dal confine delle regioni Veneto e Emilia Romagna. Si erge maestosa e austera nella Pianura Padana, nella parte interna di un'ansa del fiume Mincio che forma qui tre laghi divisi da due ponti-dighe. Nella parte più interna dell'arco concavo formato dai tre laghi si staglia il centro della città che, per la ricchezza di palazzi e di monumenti artistici, ricorda il suo glorioso passato.
È qui che si produce il Melone Mantovano IGP, un frutto riferibile alle varietà botaniche di Cucumis melo L. : varietà cantalupensis (melone cantalupo) e varietà reticulatus (melone retato). Può essere di due tipi: liscio o retato (con o senza incisura della fetta). Le cultivar utilizzate sono riconducibili alle seguenti tipologie di riferimento: "Harper" (tipologia retata senza incisura della fetta), "Supermarket" (tipologia retata con incisura della fetta), "Honey Moon" (tipologia liscia), tradizionalmente coltivate nell'areale precedentemente definito.
Caratteristiche
Il Melone di Mantova IGP nella sua tipologia liscia ha una forma sferica o sub-sferica; con un colore della crema-paglierino e un colore della polpa giallo-arancio. La tipologia retata ha invece una forma ovale o tonda e un colore della buccia crema-paglierino o verde, con o senza incisura della fetta. Il colore della polpa è arancio-salmone. Dolcezza, durezza (intesa come consistenza), fibrosità e succosità sono le caratteristiche sensoriali che descrivono e distinguono i frutti del Melone Mantovano IGP. L'odore di fungo e di polpa di anguria, l'aroma di tiglio e l'aroma di zucchino sono i descrittori peculiari rilevabili dal profilo sensoriale delle cultivar coltivate nella zona di produzione. Le pezzature minime sono: 800 grammi di peso e 10 cm di diametro. Viene previsto, per il solo peso, anche un valore massimo pari a 2mila grammi. Ha un grado zuccherino pari o superiore a 12° Brix, oltre ad una significativa presenza di sali minerali e potassio, generalmente superiore a quella riscontrata in altre zone di coltivazione del melone.
Fasi di produzione
La coltivazione del Melone Mantovano IGP, può essere effettuata in pieno campo, in coltura semiforzata in tunnellini o in coltura forzata in serra o tunnel ricoperto con film di polietilene o altro materiale plastico di copertura, completamente amovibile. La coltivazione, tradizionalmente attuata nelle zone particolarmente vocate su terreni profondi e freschi, consente l'ottenimento di frutti di qualità, adottando le tecniche colturali prescritte dal disciplinare. La produzione massima consentita per l'I.G.P. "Melone Mantovano" non deve superare le 30 t/ha per la tipologia liscia e le 38 t/ha per le tipologie retate.
Zona di produzione
La zona di produzione interessa il territorio ricadente nelle province di Mantova e Cremona in Lombardia, Modena, Bologna e Ferrara in Emilia-Romagna. I terreni di coltura del Melone Mantovano IGP sono profondi e permeabili, particolarmente adatti a favorire il regolare afflusso d'acqua durante l'irrigazione e la facile penetrazione dell'impianto radicale della pianta. Questo fattore, unito al clima caratterizzato da temperature mediamente alte, buona irradiazione solare e scarsa piovosità, è determinante nel definire le peculiari qualità dei frutti, come l'alto contenuto zuccherino. Da sempre il melone è presente nel Mantovano come frutto principe. Accanto ad altri prodotti tipici, da sempre il melone caratterizza le estati di questa terra con il suo sapore e da qui contribuisce a diffondere "il gusto di Mantova" in tutta Italia: un gusto che è il frutto di uno straordinario incontro tra storia e geografia.
Cenni storici
La coltivazione del melone risale almeno al XV e XVI secolo, come testimoniano documenti reperibili negli archivi dei Gonzaga di Mantova, in cui da scambi epistolari si evince come i meloni godessero di grande reputazione già nel Cinquecento, quando venivano inviati in dono da personaggi illustri del luogo. Ma è il tema "delle virtù e della dannazione del melone" che costituisce un aspetto non trascurabile per la conoscenza della genesi di questo frutto dal sapore inconfondibile che spesso lo lega a significati simbolici spesso discordanti. L'aspetto della fecondità che caratterizza il melone per suoi numerosissimi semi contenuti nella placenta interna, era nell'antichità contemplato come valore positivo al punto da riportarlo nei quadri e nei contesti pittorici dove si voleva esaltare la fertilità e la proliferazione.
In epoche più recenti, invece, è stato ed è ancora associato al concetto di sciocco e goffo, tanto che una persona stolta può essere soprannominata o definita "mellone" e per stupidaggine si usa come sinonimo "mellonaggine". Angelo De Gubernatis (indianista e letterato, 1840-1913) sostiene che il motivo di tale associazione sia imputabile all'estrema fecondità di questi frutti, alla loro capacità generatrice incontrollata, opposta alla ragione di una intelligenza che sa sempre come moderarsi. Sempre come immagine contraddittoria, alcuni medici dell'antichità considerano il melone addirittura nocivo attribuendolo come causa della morte di ben quattro imperatori e due pontefici (forse per semplice indigestione).
Certo è che è sempre stato un frutto apprezzato dalla nobilità: Enrico IV di Navarra lo utilizzava come rimedio per la gotta, consumandone uno al giorno. Il naturalista romano Castore Durante nel suo Herbario nuovo del 1585 ammonisce di non abusarne, perché i meloni "sminuiscono il seme genitale". Ne sconsiglia altresì l'uso a diabetici, ai dispeptici e a tutti coloro che soffrono di disturbi dell'apparato digerente, mentre ne sollecita il consumo a tutti gli altri, per le virtù rinfrescanti, diuretiche e lassative. Anche gli scrittori fanno spesso riferimento a questo frutto da molti ritenuto meraviglioso, tanto da suggerirne speciali ricette o modalità di consumo così da renderlo maggiormente assimilabile.
Uno per tutti, Alexandre Dumas padre, che invita a "...mangiarlo con pepe e sale, e berci sopra un mezzo bicchiere di Madera, o meglio di Marsala". E proprio a Dumas si deve quella che possiamo considerare come una forma di "promozione pubblicitaria" ante litteram dei meloni di Cavaillon, così chiamati dalla zona di alta e qualificata produzione in Francia. Alla Biblioteca di Cavaillon che gli chiedeva 400 volumi, propose lo scambio "in natura" con una rendita vitalizia di 12 meloni l'anno. L'offerta viene accettata e corrisposta fino all'anno della sua morte, avvenuta nel 1870. Il grande (e bizzarro!) scrittore riceve poi un ulteriore onore con l'istituzione, a suo nome, della "Confraternita dei Cavalieri dei meloni di Cavaillon".
Consorzio del Melone Mantovano IGP
via Ludovico Ariosto 30/A, 46028 Sermide (Mantova)
Tel. 335.60.87.178
info@melonemantovano.it
www.melonemantovano.it