di Giampietro Comolli
Aprile 2021. Tempi di bilanci certi del vino italiano. Prime analisi e valutazioni mercati e consumi fra fatturati, volumi, problemi, verità, insuccessi, errori, disegni e valutazioni. Gda, Horeca, Enoteche, Negozi, Alberghi. Buine performance nelle cantine sociali italiani. Primi riscontri barriere sul mercato UK.
Alcune recenti ricerche e i sondaggi di fine anno 2020, compiuti anche da contatti-partners di Ovse-Ceves come Drinks Market Analysis e Euromonitor Food&Beverage, il comparto delle bevande alcoliche nel suo complesso ha registrato prestazioni migliori del previsto con anche canali e settori che hanno migliorato diversi dati degli anni 2018 e 2019. Fra i primi 20 mercati mondiali le perdite, anno su anno, sono state dell’8% in fatturato e del 5% in volumi. Molto meglio. Le previsioni dei principali analisti prevedono che il 2024 sarà l’anno del pieno recupero, con qualche brand già in equilibrio a fine 2023, soprattutto per il vino e i vini spumanti. Quello che emerge è che l’ascesa verticale dell’e-commerce non diminuirà e crescerà più lentamente. Ci sarà una stabilità al ribasso per i volumi nella distribuzione moderna, mentre tornerà a crescere la distribuzione e la ristorazione commerciale. Tutti i più grandi esperti (anche in contrapposizione con diverse relazioni di molti istituti mondiali e anche italiani più citai dai media e pesi come unici riferimenti) segnalano che è sempre più urgente adattare tutti i luoghi di consumo (off /on premise e serving places e consumer countres e in home) alle nuove regole imposte da una pandemia che per qualche anno resterà vagante e inciderà.
E’ un dato di fatto dietro cui non ci si può nascondere, volenti o nolenti. Gli investimenti strumentali e strutturali eseguiti già nell’anno 2020, poi rinforzati a fine anno in attenta convinzione di una riapertura, negli esercizi pubblici non solo saranno utilissimi, ma favoriranno certi locali e determineranno nel tempo un diverso accesso e approccio al consumo conviviale. Dipenderà da noi essere tutti-tutti molto attenti, di qua e di là dal bancone. Anche nei primi 4 mesi del 2021 il food&beverage resiste e bene. Un calo nella spesa più che nei volumi, un calo più nei fatturati che nel consumo. l’agroalimentare in particolare è statico da circa un anno nel pese ed è cresciuto nell’export con un nuovo piccolo record. La pandemia ha portato crisi nelle case degli italiani dipendenti privati e partite iva, meno nell’imprenditoria industriale e manifatturiera e nei dipendenti pubblici con contratti nazionali e regionali, ad eccezione dell’industria agroalimentare si conferma pilastro della nostra economia.
Nel 2020, dice l’analisi Ambrosetti in linea con la ricerca universitaria Ceves www.ovse.org , ha creato un valore aggiunto di 64/65 mild/euro, poco meno del 50% grazie al F&B e il resto dal comparto agricolo in crescita. Solo l’origine, la produzione del settore agroalimentare incide del 3,8% sul PIL totale nazionale, mentre vale il 11,5% tutto il comparto al consumo diretto e indiretto, attorno al 19-20% (dato 2019) se si considera anche il valore attrattivo per il turismo italiano. Unica voce molto stonata di tutto il comparto “alchol beverage” è l’export del vino italiano in UK, causa Brexit, stando ai dati del primo quadrimestre 2021, causa quasi esclusivamente ai “…nuovi adattamenti, procedure, carte burocratiche” che l’uscita della UK dal mercato UE ha determinato come ulteriore barriera – se non la principale – negli scambi commerciali per tutti i paesi europei. L’Italia del vino visto l’andamento super degli anni 2017-2020 è quella che ne sta risentendo maggiormente: più di 1 bottiglia su 4 in meno supera il canale della Manica. Minimo storico in volumi e fatturato negli ultimi 15 anni.
Invece di incentivare la semplificazione e la burocrazia, il mondo occidentale anche in pandemia incrementa il passaggio e l’uso della carta e dei vincoli: per il vino italiano verso UK il centro studi Divulga ne ha contati ben 12 contro i due precedenti. Ma questo colpisce tutto il settore agroalimentare italiano. Se poi si aggiungono i “semafori” a soli tre colori, il rischio è molto forte. Quando la politica e la Commissione UE si accorgerà dei danni? Le multinazionali se la cavano; chi perde sono le aziende famigliari e artigianali. Anche in questo la Commissione UE non è stata molto attenta nel chiudere la Brexit? Troppi spazi liberi concessi? E’ solo un piccolo assaggio rispetto a quello che può succedere dopo il 30 settembre 2022, ad iniziare proprio con gli ordini dei vini biologici made in Italy così richiesti e di bollicine tricolori per le feste di fine anno 2022-2023! L’UK è un mercato fondamentale: 325 milioni di euro il solo valore degli spumanti esportati. Una perdita che colpisce anche distributori e importatori inglesi, immediatamente corsi al riparo sul mercato spagnolo e francese con i competitors a prezzi simili prodotti da multinazionali del vino con sede anche in USA o in altri stati.
Tutto il vino italiano in UK è pari al 20% di tutto l’export food&beverage. Buone notizie invece dal mercato nazionale del vino soprattutto per l’anno 2020 chiuso con una crescita in fatturato e volumi per il mondo produttivo italiano delle cantine sociali e delle cooperative così annuncia Alleanza Cooperative. La pandemia ha fatto segnare diversi ed ampi problemi soprattutto nel canale della ristorazione off/on premise, salvato al meglio – si può dire – dalla Gda e dalla distribuzione interattiva. Si dice che 1 cantina sociale ogni 4 ha anche superato del 10-15% il fatturato aziendale rispetto al 2019. La soluzione multi-canale che si è venuta ad aprire ha permesso di seguire più strade e offrire etichette diverse a consumatori diversi ed anche in modo diretto, in parte contenendo i costi (e quindi il fatturato) ma crescendo in modo significativo i volumi. A fronte infatti di una crescita solo dell’1% sul 2019 di tutto il mondo delle cantine vinicole cooperative in termini di giro d’affari, ha risposto un volume delle spedizioni, distribuzione e vendita diretta anche superiore al 6%.
Il mondo produttivo vitivinicolo cooperativo nazionale è composto da 423 cantine per un giro d’affari di 4,9 mld/euro l’anno rappresentando una produzione che sfiora il 60% del totale del vino italiano. Il successo di fatturato e volumi registrato dalle cantine sociali e registrato anche dai dati Iri, è dato anche da un export cresciuto del 3% in volumi. Buoni i dati generali dell’intero settore di filiera cooperativa, anche se circa il 41% di tutte le CoopVinicole, singolarmente, fanno registrare un calo del fatturato finale d’anno. Un dato quindi che va preso in considerazione caso x caso al fine di trovare soluzioni e prospettive, a quanto sempre non derivanti dalla pandemia o da cali di consumo, bensì dalla necessità di una revisione e re-impostazione del modello aziendale di molte cooperative italiane o perché troppo piccole o non innovate o non tecnologicamente attrezzate o ancora dedite ad una produzione eccessivamente orientata a massimizzare volumi e contributi piuttosto che a svolgere un fondamentale compito anche di mercato.
Importantissima la funzione sociale-distrettuale-ambientale delle cooperative vitivinicole soprattutto in zone e aree interne difficili senza alternativa alla viticoltura, ma devono sempre più essere guidate come imprese private sul mercato della leale e libera concorrenza. Quindi un mondo che deve essere ri-posizionato. Una situazione che dura da 20-30 anni come Ovse-Ceves www.ovse.org ha sempre dimostrato e considerato che non deve trovare una soluzione nei vincoli, nelle chiusure, nelle limitazioni… ma nel rilancio di una politica cooperativa del settore vitivinicolo (ma anche olio Evo per esempio) fuori dalle vecchie logiche. La pandemia può o poteva essere una condizione molto utile per un allineamento e un adeguamento a nuove formule e format di imprese cooperative. Anche perché – sembra da altri dati offerti da diversi centri di ricerca e analisi terzi e non convenzionati – che le cantine e i magazzini siano pieni e quindi occorre una strategia politica di forte, chiaro, lungo intervento. Un insieme di misure e azioni che sarebbe bene “partissero” dall’interno dello stesso mondo cooperativo come priorità e prevenzione prima di qualche ulteriore danno che può allagarsi a macchia d’olio.