di Giampietro Comolli
Comolli: “Montagna, ok ministra Gelmini. Ma tutti i territori vulnerabili nazionali hanno bisogno di un PNRR strategico dedicato a famiglia residente, azienda agro-eco attiva, servizi pubblici e assistenza medica, reddito integrato per vivibilità e minimo benessere a fronte di un servizio reso all’intera collettività a monte, a valle e nelle città”. Questo è il vero tavolo fra più ministeri
La ministra Gelmini crea un tavolo per la Montagna. Bene, ma….Non c’è bisogno di studi e tavoli faraonici. Un buono casa, un premio ristrutturazione, cancellazioni esattoriali e niente erario per alcuni anni, esenzioni fiscali delle imprese temporanee, stupende università …. non servono. Solo foglie di fico! Monti&Colli Italiani: un Paradosso offline Italia. 60 anni di abbandono e di chiusura di imprese hanno creato vulnerabilità fragilità del territorio. il PNRR deve coinvolgere tutta la spina dorsale nazionale che soffre, più ministeri, dalla transizione eco-ambiente digitale alla agri-ecocultura. Multifunzione e poliservizio sono la base della nuova azienda agricola-sociale di Montagna. Da estendere anche alle Alte Colline sopra i 350 metri. Visione di territorio sull’agricoltore-residente più che sulla agricoltura circolare e resiliente. In Montagna conta di più la presenza dell’uomo-famiglia attiva-produttiva che le misure e i pilastri della PAC-UE che punta a ottimizzazione economica di gande impresa. La giovane famiglia-agricola in Montagna può fare molto, ma solo se risiede tutto l’anno, ha una impesa propria di rischio e di adattamento al cambio climatico-produttivo, ha servizi sociali e civili dall’asilo al pronto soccorso, ha una integrazione di reddito per le attività collettive svolte. Niente elemosina, niente presidio, niente sussistenza….ma un compenso diretto da impresa privata e una integrazione di reddito proporzionale alle attività sociali richieste e fornite.
Torno sul tema del piano nazionale di resilienza e ripresa, della transizione ecoambientale, della digitalizzazione, della sburocratizzazione degli uffici e…dei fondi Europei da investire con il Next Generation UE grazie alla recente decisione assunta – benemerita – dalla ministra Germini, nella veste di ministra degli affari regionali, ovvero del rapporto Stato-Regioni e enti locali. Quindi fra soli amministratori pubblici. Grande enfasi è stata data dalla stampa agli 800 milioni di euro portati in dote al Costituente Tavolo Tecnico Scientifico (così denominato e quindi non un tavolo composto da politici!!) e ad altre entrate derivanti dal PNRR e dalle dotazioni standard. Ma sul tema “Montagna Recupero e Rinascite” (in questo ordine prima il “recupero”) ci sono anche fonti molto cospicue dai fondi UE Horizon, Coesione, Sure, Leader, Live, oltre alla Pac-Ocm (politica comune riservata al mondo agricolo e prodotti alimentari) che la Commissione Europea sta licenziando per il 2023-2027. Anche l’UE deve essere coinvolta cara Ministra. Perché non è solo un “affaire regional” ma coinvolge strategie, strutture, infrastrutture, privati e imprese. non rifacciamo le vecchi “Comunità montane” pubbliche e politiche. Non diamo soldi a pioggia. Non pensiamo ad un reddito della montagna da distribuire come viatico per altri obiettivi.
Le “problematiche e criticità” della Montagna (e aggiungo dell’alta collina) sono note da lustri e lustri: è stato fatto in buona fede un danno consentendo un esodo, una migrazione verso la pianura e la metropoli al fine di offrire un reddito, un benessere, una opportunità di vita migliore. Verissimo. Ma a scapito di una Montagna che crolla, abbandonata, sempre più vulnerabile causa il cambio del clima e dell’ambiente. Capisco che al centro di tutto ci sono le “scelte politiche”, ma un tavolo di pensatori politici, anche dei sindacati datoriali e delle varie associazioni, non servono, non servono prebende, rattoppi, rammendi. Serve una visione tecnico scientifica economica strategica di lungo periodo. Abbiamo 5 anni di lavori con il PNRR, sfruttiamolo. 1,1 miliardi di euro totali vanno bene, ma sono pochi. Non si può oggi pensare ad una distribuzione delle carte del mazzo ai soli membri presenti.
Gli Affari Regionali devono dialogare con gli altri ministri interessati e competenti: Transizione digitale, Transizione ambientale, Sviluppo economico, Turismo, Salute….come minimo. Non si può pensare di attivare posti di lavoro esistenti e già pronti, senza la presenza fisica umana, un reddito soddisfacente minimo e…un Pronto Soccorso, un Medico, un Ospedale di Comunità a disposizione in un raggio ragionevole di spazio e di tempo di intervento. E’ questo che manca alla Montagna: una presenza di servizi e di famiglie. Incentiviamo nel lungo periodo. Il Tavolo della Gelmini ragioni in termini concreti partendo dalla individuazione di una nuova “azienda agro-eco-solidale”: come deve essere, cosa deve fare, dove deve essere costituita e dove collocare funzioni e servizi collegati, compreso viabilità, trasporti, scuola d’infanzia e dell’obbligo. Certo bisogna partire dall’agricoltura e dai prodotti della terra in montagna, non dalle università o dalla pale eoliche o dai pannelli solari. Poi ci devono essere anche loro, ma prima di tutto connessione, digitale internet per farsi conoscere, vendere ed essere campanello attivo.
Partiamo dall’agricoltura. In Europa – nella realtà delle imprese, delle aziende agricole e dei fatti e non nella testa dei burocrati legiferanti – ci sono almeno due tipi di agricoltura diversa, due forme e modi di vivere il rapporto territorio-produzione. Non è più in ballo una diatriba inutile e scialba economica bilancistica-monetaria dei Paesi del Nord contro quelli creativi-ritardatari-eccellentisti del Sud Europa, bensì oggi le “vere diversità” in agricoltura continentale sono determinate dalle condizioni geo-morfologiche, clima-ambientali, agro-produttive di regioni e macro-regioni assai diversa, anche all’interno di ogni paese. Per l’Italia le aree interne svantaggiate difficili fragili e vulnerabili come colline e montagna presentano necessità e sostegni “agricoli” totalmente diversi dalle aree di pianura, urbanizzate, fertili, fortemente antropizzate. La stessa agricoltura e socialità, occupazione e reddito, istruzione e viabilità, trasporti e sanità, gestione del territorio e connessione internet cambiano in modo assoluto, abissale.
Due modi di vivere e di produrre opposti. In agricoltura questa differenza fra campagna-città è ancora più marcata e urgente se si pensa veramente alla difesa del territorio-ambiente in pieno cambio epocale. E’ su questi aspetti che la collina e la montagna diventano un obiettivo di “Recupero, Resilienza, Rinascita” attraverso un piano autonomo e diverso. Basta mettere sulla stessa lunghezza d’onda: ecoagricoltura, azienda attiva presente, governo della naturalità e del clima, transizione digitale, sussidiarietà sostenibile e non gratuita, rivitalizzazione sociale civile e welfare per nuovi residenti in Montagna. La Montagna non è solo sciare, la baita, andare per funghi, escursione nei boschi, merenda a distanza, giro nel bosco….ma è tutto collegato: il turismo lento, la villeggiatura, la “azienda agricola del territorio” (diversa dall’agriturismo o dalla impresa assistita e sindacale…) necessitano soprattutto di servizi pratici per vivere, di molte infrastrutture diversificate. Il Bio e l’Eco già ci sono nella Montagna italiana….vanno messe in rete, organizzate in digitale e logistica, con un reddito almeno sufficiente.
PNRR Montagna. Un po’ di numeri per capire. Il 30% del suolo italiano è una risorsa economica e una miniera di occupazione. Perché non utilizzarla per Recupero, Resilienza, Rinascita. 5 anni di investimenti pari ad un solo anno di spesa del Reddito di Cittadinanza e di Quota 100. Perché no!
Più internet, banda larga, fibra ottica per creare occupazione…ma urge un piano europeo-nazionale
Montagna, facile parlarne. Ricordate le Comunità Montane? Che fine hanno fatto? avevano senso negli anni 1960-1990? E i famosi Comunelli e Regule Alpine che fine hanno fatto? Va bene oggi programmare e istituire un tavolo tecnico-scientifico (e non politico almeno nelle enunciazioni) ma l’obiettivo deve essere rivolto alle “persone” e non alle cose. Quello che la forte e dirompente crisi economica globale (e nazionale in particolare dal 2008 ad oggi) insegna che il PIL cresce solo ed esclusivamente se si attua una politica governativa statale e regionale impostata tutta sulla “persona fisica” e non sulla persona giuridica. Vista la composizione demografica e reddituale della società italiana, si continua a fare un buco nell’acqua se si pensa di risollevare il PIL attraverso gli investimenti di imprese e di aziende. Lo Stato deve fare debito pubblico solo per i cittadini, non per le imprese. E’ brutto da dire, ma – con tutti gli aggiustamenti, regole, parametri e distinguo del caso – l’unica strada è quella di dotare il consumatore finale di strumenti e mezzi per poter creare e gestire i propri consumi e la propria vita, compreso quello di costituire una impresa o una azienda a seconda delle indicazioni legali e legislative fornite.
Gli adeguamenti di legge n on servono più. c’è bisogno di una nuova legiferazione più semplice ma controllata, responsabilizzata, sanzionata e cambiata velocemente. Il quadro del territorio di riferimento è chiaro: in Italia su 8100 comuni, 4250 sono in aree svantaggiate definite per legge, pari al 55% del suolo totale, 13 milioni di residenti pari al 20% del totale, con 50 ab/kmq contro i 200 ab/kmq in pianura. In questo contesto “difficile” per naturalità geopedologiche ma con un paesaggio culturale, ambientale e agroalimentare unico, circa 1800 comuni hanno un tasso di connessione internet, di uso delle tecnologie digitali pari a circa il 10% di quello di altri comuni italiani, addirittura sotto 1,0 MB al secondo grazie anche ai ponti radio. 204 comuni sono addirittura isolati ancora oggi con 500.000 abitazioni non raggiunte da nessuna linea attiva di connessione. A fronte di un piano italiano di investimento forte nato nel 2003 con la costituzione della società Infratel specializzata nel portare in tutti gli 8100 comuni internet, di proprietà di Invitalia spa, società di proprietà al 100% del MEF con l’obiettivo di portare 30 MB in ogni casa. Tutti gli appalti dal 2003 ad oggi sono stati vinti sempre e solo dalla stessa società la Openfiber costituita da Enel e Cassa Depositi e Prestiti la banca del Governo di turno. Oggi con dotazione affidata di 7 miliardi di euro, ma con 10 milioni di abitazioni ancora in attesa della fibra in tutti gli 8100 comuni.
Purtroppo non c’è solo la montagna dolomitica italiana e l’appennino ad essere isolato ed essere coperto parzialmente ma in modo inadeguato da ponti radio molto deboli e difficili in mano a poche ditte specializzate. E’ il caso dell’appennino ligure-piemontese approdato alla cronaca: neanche a 30 minuti di auto dal centro di Genova quasi 60.000 abitanti di 15 comuni, da Gorreto a Cabella, sono senza di tutto: manca anche la connessione del telefono fisso e dei cellulari di aziende multinazionali. Gli uffici postali e bancari sono scappati. Territori e paesaggi incontaminati, pascoli e prodotti tipici, ma impossibilità di fare impresa, trovare una occupazione, manca il medico e la farmacia, viabilità invernale difficile, smottamenti e frane con spesso torrenti in piena nelle mezze stagioni. La pandemia poi ha accentuato ancor più la lontananza e il numero degli abitanti, spesso fuggiti a valle da parenti e figli per avere certezze e sicurezze. Esiste un appennino resistente, resiliente e fedele, ma che con un piano di intervento certo potrebbe essere una “risorsa” nazionale ed europea fondamentale.
Montagne e Appennini, una spina dorsale risorsa bio e eco naturale da mettere in rete
In primis la cura del territorio a monte e difficile può essere una garanzia e una sicurezza anche per chi sta a valle e in città: non si può fare la gita in montagna quando tutta la cura e la manutenzione è sulle spalle di chi resiste, di chi ha un reddito basso, non ha contatti, non può fare impresa. Oggi pensare ad un altro spopolamento della montagna e dell’appennino come soluzione della occupazione e del lavoro, sarebbe un danno sociale e civile di dimensioni bibliche e irreversibile. Occorre oggi prendere una decisione di “rifondazione” di una comunità che vive e lavora in modo stabile, con il reddito giusto, in quelle terre bellissime per tutti, ma che qualcuno “quotidianamente” deve presidiare, curare, allevare, coltivare, pulire e tenere in sicurezza. Tutta la società nazionale “ed europea“ deve tener conto e privilegiare questa condizione naturale come una risorsa da sfruttare in termini di ecosostenibilità, di baluardo dell’inquinamento, di mantenimento.
Il tema non è semplice, non si risolve con qualche contributo a fondo perduto, a prestito agevolato, a qualche impresa giovanile, a sgravi fiscali e tributari. C’è bisogno di un piano nazionale: il 64% del territorio italiano è montano collinare (oltre 350 mslm) con uno spopolamento e abbandono continuo e una totale assenza di tecnologia utile per lavorare. Anche per i Comuni di 1000 abitanti (sono oltre l’80% quelli sotto i 3000 residenti dell’area montana-collinare) dare servizi ordinari anche solo di anagrafe, di medicine, di scuola obbligatoria, di viabilità, di acquedottistica, di salvaguardia del suolo. Ci si limita a pagare qualche dipendente, oppure i sindaci fanno anche l’impiegato comunale. La eliminazione delle Provincie come è stata fatta dai Governi è un ulteriore grave danno: la istituzione pubblica ha l’obbligo di intervenire a fronte di tasse e tributi pagati. C’erano le Comunità Montane dotate di fondi: forse troppi e mal spesi in certi momenti. Ma ora c’è bisogno che i comuni si aggreghino, si uniscano. Almeno 5000 abitanti per poter dare servizi, ma anche per progettare piano di riordino, rivitalizzazione.
Agro Bio&Eco ci sono per il Piano Next Generation: c’è volontà politica, riordino e scelte forti?
Il mondo agricolo, in montagna e alta collina, può e deve essere il vero motore. L’Europa con i fondi Pac sostiene l’agricoltura europea ma i parametri, le misure, gli indici di intervento non possono essere identici fra l’azienda agricola di 1000 ettari nella piana belga-olandese-franco-tedesca e quella di 10 ettari sulla montagna dell’appennino tosco-emiliano composta di boschi, pascoli per animali, orto e cereali con pendii pericolosi, calanchi, rive, terrazzamenti. Ci vuole una PAC-Europa speciale per questi territori che esistono anche in Germania, Francia, Polonia, Austria, Grecia, Spagna…..quindi tutti! Ci vuole un indirizzo europeo e un piano italiano specifico: il Next Generation EU è la soluzione cui abbinare anche sgravi di tasse e imposte per chi assume e per chi crea impresa per un po’ di anni, oltre ad un sostegno al reddito fisso in base al tipo di lavoro e all’area dei servizi resi alla collettività comunale e di fondovalle. Un impegno economico che deve essere messo sul tavolo anche da chi vive e lavora a valle: invece di un consorzio di bonifica di pianura ci vuole un consorzio di bonifica della montagna con anche i fondi della pianura. Ma il PNRR della spina dorsale nazionale non deve essere visto in modo parziale e settoriale, ma in una progettualità a 360 gradi dalla rivitalizzazione con le nuove e vecchie generazioni fino alla più alta e veloce digitalizzazione per imprese e cittadini, dai servizi reali a tutte le persone come asili e medico allo stesso cantoniere e boscaiolo, da un sindaco con un numero giusto di abitanti fino alla produzione di cibi e vini sani salubri biologici e biodiversi che sono fonte di attrazione, reddito e notorietà.